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Federbio e AssoBio: disappunto per la non calendarizzazione del Ddl sull’agricoltura biologica
Per la terza legislatura si rischia di non approvare una legge determinante per il supporto e l’organizzazione di uno dei settori economici più dinamici e promettenti
(AGRA) – Federbio e AssoBio esprimono profondo disappunto per la mancata calendarizzazione in aula al Senato, entro la fine della legislatura, della discussione del ddl sull’agricoltura biologica già approvato dalla Camera e dalla Commissione Agricoltura di Palazzo Madama.
“Siamo consapevoli delle difficoltà legate al grande numero di provvedimenti in attesa del voto dell’aula e dei tempi molto stretti della legislatura, tuttavia riteniamo che la legge nazionale sul settore biologico debba rientrare nelle priorità di voto per motivi che attengono l’interesse del Paese”, afferma Paolo Carnemolla, presidente di Federbio, la Federazione interprofessionale del settore, per il quale “la sola riforma del sistema di certificazione, affidata con delega al Governo ma ancora in itinere, non può essere considerata sufficiente se nel contempo non si interviene anche su tutti gli aspetti toccati dal provvedimento già approvato a larghissima maggioranza alla Camera e in Commissione al Senato. Fallire anche in questa legislatura questa opportunità di supporto e organizzazione per uno dei settori più dinamici e promettenti per la crescita dell’Italia significherebbe indurre sfiducia nelle Istituzioni, un messaggio assai grave e pericoloso, proprio perché del tutto incomprensibile, visto che manca solo un voto in aula per chiudere un percorso partecipato e lungo”.
“Sollecitiamo quindi le forze politiche responsabili presenti in Senato a chiedere l’inserimento del disegno di legge nel calendario dei lavori dell’assemblea: si tratta di uno strumento per sviluppare la sostenibilità di cui il sistema agroalimentare del Paese ha assoluto bisogno”, aggiunge Roberto Zanoni, presidente di AssoBio, che non nasconde il disappunto dell’Associazione nazionale delle imprese di trasformazione e distribuzione dei prodotti biologici (cui aderiscono le maggiori aziende italiane con un fatturato di oltre un miliardo di euro l’anno). “La mancata approvazione entro l’imminente fine della legislatura – continua Zanoni – di un testo che è pacificamente condiviso da tutte le forze parlamentari rinvierà sine die gli investimenti nella ricerca, la valorizzare delle produzioni dei nostri territori e il benefico impatto dello sviluppo dell’agricoltura sostenibile sul nostro ambiente, ormai pesantemente inquinato da un’agricoltura intensiva che non può più costituire il modello di produzione e di consumo”.
“Francamente non se ne può più – rilancia Carnemolla – da vent’anni i ministri alle Politiche agricole che si sono succeduti hanno fatto a gara nel definirci la punta di diamante dell’agroalimentare italiano e prometterci che avrebbero reso più forte il comparto con scelte concrete. La scelta concreta che vediamo è quella della mancata calendarizzazione della discussione al Senato di una votazione che si risolverebbe in mezz’ora, tanto è diffuso il consenso. Questa precisa scelta politica non è certamente il trattamento da riconoscere a un’attività che si definisce d’interesse nazionale e rischia di dimostrare per l’ennesima volta la lontananza delle istituzioni dal Paese reale”.
Zanoni ricorda inoltre che “il settore biologico italiano è al primo posto in Europa per numero di aziende, oltre il 14% della superficie agricola nazionale è coltivata con metodo biologico, senza un grammo di pesticidi chimici di sintesi. Siamo l’unico settore dell’agroalimentare in crescita: solo l’anno scorso il numero delle aziende e delle superfici è cresciuto del 20%, creando occupazione, gettito fiscale, salvaguardia ambientale. Siamo al primo posto in Europa per l’export, e sul mercato interno, mentre i consumi alimentari convenzionali ristagnano, da una decina d’anni il consumo di prodotti biologici aumenta a doppia cifra”.
Carnemolla sottolinea che “l’agroalimentare biologico ormai dal 2008 e ancor più negli ultimi due anni ha dato un contributo fondamentale alla crescita dei consumi alimentari in Italia (secondo i dati Ac Nielsen gli si deve circa il 40% della ripresa nella Gdo nel 2016), all’insediamento di giovani nelle imprese agricole, all’immagine e alla crescita del Made in Italy all’estero e quindi anche all’occupazione. Tutto questo garantendo qualità alimentare e ambientale, dunque salute, biodiversità e paesaggio”.
A differenza degli altri sistemi di qualità regolamentati a livello europeo – vini e prodotti tipici – che possono contare su un quadro normativo nazionale ormai consolidato, il settore biologico attende ormai da tre legislature un inquadramento legislativo che consenta di risolvere le molte criticità che, altrimenti, rischiano di minare una delle poche opportunità di futuro per l’agricoltura del nostro Paese.
Massimo Fiorio, deputato Pd e primo firmatario della proposta di legge sottolinea che “l’Italia ha bisogno della legge sull’agricoltura biologica: si tratta di un provvedimento, già approvato dalla Camera e fermo ormai da mesi al Senato, fondamentale per un settore in continua crescita, che conta ormai oltre 60mila aziende. Il nostro Paese è il secondo esportatore mondiale, questa legge favorirà l’associazione delle nostre aziende biologiche permettendo loro un più puntuale ed esteso ingresso nel mercato internazionale dei prodotti biologici, rispondendo così meglio alle esigenze del mercato globale. Anche per controbilanciare gli effetti del Regolamento comunitario sull’agricoltura biologica che, ad una prima lettura, potrebbe creare problemi al comparto italiano”.
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