Festival del Giornalismo Alimentare: l’economia circolare sarà il pilastro della competitività del futuro

Festival del Giornalismo Alimentare: l’economia circolare sarà il pilastro della competitività del futuro

Lo sostiene Porsche Consulting che nel suo intervento ha sottolineato anche che la digitalizzazione è un’arma contro lo spreco di risorse aziendali, ambientali e alimentari

(AGRA) – Ogni anno in Italia 2 milioni di tonnellate di cibo vengono sprecate, con un danno economico di oltre 15 miliardi di euro, pari all’1% del Pil. Porsche Consulting, società di consulenza strategica del gruppo Porsche, intervenuta a margine della quinta edizione del Festival del giornalismo alimentare tenutosi a Torino, sottolinea come, dello spreco complessivo, oltre 3 miliardi di euro sia legato all’inefficienza della filiera produttiva e distributiva.
Vi sono alcuni macrotrend mondiali che fanno riflettere sull’urgenza di avviare un cambiamento: la sempre maggiore concentrazione della popolazione nelle città (si stima che entro il 2050 due terzi degli abitanti risiederà in grandi centri urbani), la scarsità di risorse naturali, come l’acqua, che viene consumata per il 70% dal settore agroalimentare, la denutrizione, che ancora oggi riguarda oltre 1 miliardo di persone nonostante la sufficiente produzione globale.
Le tecnologie emergenti sono un potente catalizzatore per accelerare i cambiamenti necessari. Ad esempio, nello scenario di concentrazione della popolazione in grandi città diventa importante localizzare la produzione in un raggio di poche decine di chilometri e creare un ecosistema locale: alcune soluzioni tecnologiche rendono oggi possibile incrementare la produttività e la circolarità in un contesto urbano con spazi ridotti. Infatti, la cosiddetta agricoltura verticale ha tasso di produttività 75 volte maggiore di quella della coltivazione tradizionale e il consumo d’acqua è circa il 95% in meno rispetto alle coltivazioni tradizionali in campo.
Un’altra grande sfida futura per il sistema agroalimentare è ridurre gli sprechi. Anche in questo caso tecnologie emergenti consentono di trovare nuove soluzioni. Da una parte stanno nascendo aziende che riutilizzano gli scarti della catena di trasformazione alimentare per produrre nuovi cibi, oppure combustibili e tessuti per la moda; dall’altra, il digitale rende possibile la creazione di piattaforme di marketplace dove vengono condivise produzioni in eccesso, consentendo di riallocare materie prime minimizzando lo spreco.
Anche minimizzare il consumo di acqua è possibile: ne è un esempio la “BIGH’s Ferme Abattoir”, un impianto acquaponico all’ultimo piano di un edificio di Brussels che combina l’acquacoltura con specie vegetali acquatiche permettendo un ciclo virtuoso di nutrienti che produce 35 tonnellate di pesce di alta qualità all’anno.
«Non è più il momento del “se”, ma del “come” implementare una strategia aziendale a zero impatto – afferma Giulio Busoni, Partner Porsche Consulting responsabile del settore Consumer Goods in Italia – perché la sostenibilità economica deve convergere con la sostenibilità sociale e ambientale. Disaccoppiare la crescita economica dal consumo delle risorse del nostro pianeta è possibile se i diversi attori, aziende, istituzioni, consumatori costruiranno insieme un ecosistema basato su nuovi equilibri e regole competitive».
Dal punto di vista delle aziende di trasformazione alimentare diventa fondamentale preparare la propria strategia e il business model ai trend emergenti, e il tema della sostenibilità è un fattore fondamentale per competere nel lungo periodo. Non basta innovare solo i prodotti del proprio portafoglio di offerta, ma è opportuno far convergere la crescita profittevole con il beneficio per il pianeta. Per fare ciò le aziende devono abbracciare la sostenibilità come elemento chiave del proprio posizionamento definendo decisioni strategiche di lungo periodo in maniera coerente. Integrare i principi della sostenibilità non è solo un tema di responsabilità sociale e ambientale, bensì una strategia aziendale di sopravvivenza in un mondo in cambiamento.
L’azienda che fa parte della filiera alimentare deve comprendere il proprio ruolo in un ecosistema sempre più ampio (a monte e a valle nella catena del valore), trasparente (le tecnologie e l’informazione lo rendono possibile) e responsabile in senso più esteso.
«Non potremo avere un pianeta sano e una popolazione sana – conclude Busoni – senza una radicale trasformazione del nostro sistema alimentare. Le aziende di questo settore hanno una grande responsabilità nell’accelerare questo processo di cambiamento facendo leva sulle conoscenze e sulle tecnologie già oggi disponibili. L’economia circolare sarà il pilastro della competitività del futuro».
Il proprio modello di economia circolare deve essere declinato a livello concreto nelle diverse aree aziendali, coinvolgendo anche i partner esterni per ottenere un vero impatto sulla catena del valore. Ad esempio, negli acquisti, estendendo il proprio criterio di sostenibilità ai fornitori di materie prime, così come nell’ambito logistico e della trasformazione di prodotto, focalizzandosi sulla riduzione e/o compensazione delle emissioni di CO2. Con riferimento al packaging si possono valutare diverse azioni come la sua completa eliminazione o riduzione, oppure lo sviluppo di nuove soluzioni grazie a nuove collaborazioni con i fornitori di materie prime e le aziende di converting per la realizzazione di confezioni biodegradabili o che facilitino il processo di riciclo.