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Dalla crostata di ciliegie a Orwell
Tutto parte da una crostata di ciliegie! In un discount di Roma, su una crostata di 400 grammi, con prezzo di 1,30 euro, appare una scritta a caratteri cubitali: “senza olio di palma”. Incuriosito sono andato ad esaminare la lista degli ingredienti e ho trovato oli e grassi decisamente più critici rispetto all’olio di palma. Conclusione: in pochi mesi, a seguito di una campagna virale sulla rete, l’olio di palma, consumato nel mondo da 4 miliardi di persone, in Italia è stato messo al bando da molte industrie (significativa l’eccezione della Ferrero) e anche dalla Coop.
Ovviamente non ho intenzione di entrare nella querelle tra i sostenitori e i detrattori dell’olio di palma! Quello che mi interessa sottolineare è come sia bastato lanciare una campagna contro l’olio di palma per avere importanti ripercussioni su consumatori, industria alimentare e distribuzione con conseguenze anche importanti dal punto di vista economico per i produttori di olio di palma che sono stati penalizzati e per i produttori di altri oli che si sono avvantaggiati a seguito della debacle dell’olio di palma.
Lo stesso fenomeno potrebbe ripetersi contro altri prodotti o altre industrie. Il boicottaggio, dai tempi del proprietario terriero Charles Cunningham Boycott da cui prese il nome, non è una novità. Quello che sta cambiando sono i mezzi attraverso cui si esercita e la possibilità di attivarlo ricorrendo anche a dati falsi, o ancora peggio a dati falsi che si mescolano con dati veri e quindi risultano ancora più credibili. Insomma, un mondo falso che si mescola con un mondo vero con il risultato che tutto sembra confuso con la sempre maggiore difficoltà di scegliere la Pillola Rossa o la Pillola Blu, vero o falso, come in Matrix, il film di fantascienza più realistico della storia del cinema. Tutto ciò è decisamente preoccupante: sono presenti nell’Europa dell’Est e negli Stati Uniti catene di montaggio digitali in grado di sabotare un politico o un’azienda, tutto questo senza la possibilità di reagire e/o individuare i responsabili. Questa possibilità si fonda su un sistema automatico di costruzione e distribuzione di notizie false e sul fatto che alle piattaforme distributive non interessa se le notizie o le informazioni siano vere, verosimili o false, l’importante è che siano le più cliccate. George Orwell scrisse: “Ho sempre pensato che si potrebbe fare un sacco di soldi con una nuova religione”. Ecco, la nuova religione è la “religione del click”.
Oggi sono in molti a preoccuparsi dell’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, ma in pochi, anche tra i Democratici, hanno espresso contrarietà alla discesa in campo di Mark Zuckerberg, il patron di Facebook, come candidato nel 2020 alla presidenza degli Stati Uniti; forse si dovrebbe scrivere, a questo punto, un altro libro dopo “1984” di Orwell: il 2020 in cui l’incubo dello stesso Orwell, una società in cui il Grande Fratello tiene sotto controllo con mezzi violenti, delazioni e spie la vita di tutti i cittadini, si trasforma in un totem tecnologico che è in grado di assumere il potere e controllare il mondo attraverso le informazioni sulla vita di 4 miliardi di persone.
Sergio Auricchio