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Wine Marketing 2008
80,00€
Scenari, mercati internazionali e competitività del vino italiano
Descrizione
In un mercato globale estremamente competitivo, contraddistinto da crisi finanziarie ed economiche, tensioni nei prezzi delle commodity e da un euro sempre più forte, il vino italiano continua imperterrito a registrare successi all’estero con sensibili incrementi nelle esportazioni. Anche il 2007, infatti, sarà ricordato come un altro anno record per l’export grazie al superamento dei 3,4 miliardi di euro di vendite oltre confine, l’8% in più rispetto al 2006.
Il forte riposizionamento qualitativo operato dai produttori italiani sembra quindi dare i suoi frutti. Tra il 1995 e il 2007 il valore dell’export di vino è praticamente raddoppiato. E se tredici anni fa l’incidenza dello sfuso era circa un quarto del valore totale di esportazione, nel 2007 tale “peso” si è ridimensionato al 9%. Parallelamente, i vini fermi imbottigliati sono passati dal 60% all’80%.
Ma cosa ci si deve attende per il prossimo futuro? Quali saranno le strategie vincenti per gli anni a venire quando si esprimeranno in maniera più evidente le capacità di spesa dei consumatori delle potenze economiche emergenti (Russia e Cina in primis)? E come si muoveranno i principali concorrenti del vino italiano? A questi ed altri interrogativi Nomisma ha fornito una sua interpretazione.
Replicando uno schema ormai consolidato, il volume si compone di due parti. Nella prima viene analizzato lo scenario attuale del mercato del vino a livello mondiale – attraverso la disamina dei consumi e del commercio internazionale – nonché il posizionamento competitivo del vino italiano in 9 principali mercati. Per ognuno di questi viene poi realizzata un’analisi di tipo strategico relativamente ai competitor, ai canali distributivi, ai prezzi e ai consumatori in modo da fornire alle imprese vitivinicole indicazioni utili per comprendere in maniera dettagliata le principali caratteristiche del possibile mercato-target per le proprie esportazioni.
La seconda parte del volume, curata da Agra Editrice, si compone invece di oltre 1.000 schede aggiornate riguardanti aziende grossiste ed importatrici attive a livello internazionale nel commercio del vino.
Il quadro che emerge dalla prima parte del Rapporto evidenzia una volta di più la diffusione del vino ormai in tutti gli angoli del pianeta. Anche se i consumi si sono attestati sui 241 milioni di ettolitri più o meno lo stesso livello di venti anni fa – il valore delle esportazioni è praticamente esploso: dai 12,7 miliardi di dollari del 2001 si è passati – nel giro di appena un quinquennio – a 22,4 miliardi di dollari. Profondamente cambiata risulta poi la geografia di tali consumi. Gli Stati Uniti, che agli inizi del terzo millennio consumavano poco più di 20 milioni di ettolitri di vino, si apprestano a raggiungere in tempi brevi una dimensione del mercato interno analoga a quello italiano: oggi negli USA si consumano circa 10 litri di vino pro-capite per un totale di quasi 26 milioni di ettolitri; in Italia siamo sui 27,3 milioni di ettolitri, contro i 36,6 milioni di venti anni fa.
I cambiamenti intervenuti nell’allocazione geografica dei consumi hanno condotto, di pari passo, ad un’evoluzione del panorama competitivo con la continua e crescente affermazione dei produttori vinicoli dell’Emisfero Sud. Sebbene l’Italia continui a mettere a segno, anno dopo anno, incrementi nelle vendite oltre confine, ciò ha sostanzialmente permesso di mantenere costante nell’ultimo decennio la quota detenuta a livello globale, pari al 18% dell’export mondiale di vino. Cosa che invece non è riuscita alla Francia che è passata dal 42% al 35%, soprattutto a causa dell’Australia che all’opposto esprime oggi un 9% di quota mondiale a fronte di un 4% detenuto nel 1996. Se consideriamo congiuntamente, oltre all’Australia, anche Cile, Usa, Sud Africa e Nuova Zelanda la quota in mano a questi “player” arriva al 22% contro l’11% di dieci anni fa.
L’emergere e lo sviluppo di nuovi mercati di consumo premia la capacità delle imprese di rivedere la distribuzione geografica del proprio export in base alle mutevoli condizioni competitive. Tra il 2000 e il 2006 l’incidenza dei vini a denominazione di origine – generalmente collocati sul mercato a prezzi relativamente più elevati – sul complessivo export italiano di vino è cresciuta in Cina, Russia, India e Polonia (i 4 mercati promettenti analizzati nel Rapporto) e parallelamente diminuita in tutti i principali mercati di importazione (USA, Regno Unito, Germania, Canada e Giappone). È evidente che le nuove rotte del prodotto italiano seguono le possibilità di profitto che si aprono nei nuovi mercati del vino.
Ed è anche per questo che, come riportato nella parte finale del Rapporto, di fronte all’evoluzione in atto nel mercato mondiale del vino, i principali produttori-esportatori stanno pianificando strategie di lungo periodo al fine di cogliere le nuove opportunità derivanti da tali cambiamenti e ottenere così un vantaggio competitivo nei confronti degli altri competitor.
E’ datato 1995 il piano strategico elaborato dall’industria vinicola australiana che le ha permesso di raggiungere – in anticipo sui tempi previsti – l’attuale posizione nel mercato mondiale. Ed è per questo che il piano è stato aggiornato proprio nel maggio del 2007 in un’ottica temporale fino al 2025! Per i produttori australiani, nel breve periodo, i mercati americani e inglesi presentano la possibilità di potenziali ottimi profitti, ma la politica di anticipo e di aggressione del mercato espressa nel piano strategico spinge verso un’esplorazione dei mercati emergenti (Cina, Russia e India) dove è sempre più forte la domanda di alternative a bevande ad alto tasso alcolico. Strategicamente parlando, i produttori australiani prevedono inoltre di aumentare le vendite concentrandosi sempre più su prodotti qualitativamente superiori e corrispondenti ad un prezzo più elevato (la cosiddetta fascia super-premium). A differenza di quello australiano fortemente orientato sui mercati esteri, il piano strategico per i produttori statunitensi si focalizza principalmente su quello interno. Le forti potenzialità di espansione del mercato americano stanno spingendo l’industria vinicola domestica a cambiare rotta verso la creazione di una cultura americana del vino. Se inizialmente molti produttori americani seguivano e imitavano i modelli francesi e italiani, attualmente stanno cercando di creare un’identità vinicola nazionale, concentrandosi sulla differenziazione di prodotto e sulla produzione di varietà locali di qualità.
In altre parole, a fronte di un interessamento crescente dei consumatori verso vini “a più alto contenuto intrinseco” – di storia, di tradizioni e di “territorio” – unito ad uno sviluppo della relativa capacità di spesa, i competitor dell’Emisfero Sud stanno concentrando i propri sforzi per assecondare il mercato e sfidare i vini europei proprio sugli stessi fattori di competitività che hanno permesso loro – fino ad oggi – di godere di un vantaggio competitivo.
Indubbiamente, per territori vinicoli che non hanno alle spalle tradizioni e storie produttive con radici di lungo corso (come quelli italiani) non è facile e soprattutto immediato attribuire e comunicare al consumatore valori in grado di qualificare l’origine territoriale dei vini. Tuttavia, visti i risultati ottenuti (e con quale rapidità) sul mercato globale dall’Australia e dagli altri produttori vinicoli del “Nuovo Mondo”, è importante considerare il fatto che nei prossimi anni la competizione per i vini italiani si giocherà – in molti mercati – sul piano dei valori trasmessi, tangibili ed immateriali. Un livello di confronto che per diversi anni ha permesso ai vini del Bel Paese di spostare l’asse della competizione dai fattori di costo (per i quali i produttori italiani sono strutturalmente perdenti) a fattori come la differenziazione di qualità e la distintività di prodotto.
Informazioni aggiuntive
Peso | 0,5 kg |
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Dimensioni | 14,5 × 22 cm |
A cura di | Nomisma |
Pagine |
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