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Piangere sul latte versato
“Chi ha spostato il mio formaggio” è un libro di Spencer Johnson di grande attualità per capire ciò che sta succedendo in Sardegna per quanto riguarda il Pecorino Romano. Nel libro, che non è una favola, ma un testo di marketing, si racconta la storia di due topolini che erano riusciti a conquistarsi un enorme giacimento di formaggio e naturalmente vivevano felici e contenti; ma a un certo punto il formaggio inizia a diminuire e mentre il primo non se ne preoccupa sicuro che la riserva accumulata avrebbe garantito il futuro, il secondo inizia invece ad analizzare il problema della diminuzione del formaggio e si mette alla ricerca di altre fonti. Improvvisamente il formaggio della riserva scompare e il primo topolino inizia a imprecare contro il destino che l’ha ridotto alla fame. Il libro sta ad indicare che occorre cogliere i segnali del cambiamento e agire di conseguenza. Cosa che non è stata fatta nel caso del Pecorino Romano: per molti anni ci si è crogiolati sul successo dell’export negli Usa senza preoccuparsi che la situazione potesse cambiare. Solo tre anni fa, in un comunicato del 2016, la Coldiretti così titolava: “Made in Italy: con +23% pecorino star export, batte moda” segnalando così le straordinarie performance realizzate negli Stati Uniti con un +28%. Ora la stessa Coldiretti chiede il commissariamento del Consorzio del Pecorino Romano lanciandosi contro gli industriali, dimenticando che tra i soci del Consorzio le cooperative della Sardegna sono in maggioranza (20, con il 60% della produzione, contro i 10 industriali) e la loro base sociale è formata da allevatori per la gran parte associati alla stessa Coldiretti. Inoltre, le stesse cooperative liquidano il latte ai loro soci a prezzi paragonabili a quelli pagati dagli industriali.
È sempre la stessa storia! Per distogliere l’attenzione dai veri problemi e scaricare le vere responsabilità del disastro di chi negli anni (Regione, organizzazioni professionali e cooperative) avrebbe dovuto trovare soluzioni, si trova un nemico prima negli industriali, poi nella Gdo (che tra l’altro attraverso gruppi come Conad, Coop e Végé si sta impegnando attivamente per superare la congiuntura negativa).
Si dimentica che il problema è la crisi di mercato seguita alla caduta delle esportazioni negli Usa. Ma cosa si è fatto negli anni per diversificare le esportazioni? Altro grosso problema è il mercato interno: occorre riconoscere che il Pecorino Romano è molto lontano dalle indicazioni per una corretta alimentazione; è troppo grasso, ma soprattutto troppo salato! Alcuni anni fa il Consorzio aveva presentato al Cibus un Pecorino con un ridotto contenuto di sale, più dolce, più gradevole, ma poi l’innovazione non ha avuto un reale seguito. Altro aspetto importante su cui lavorare è la diversificazione degli allevamenti: l’allora assessore regionale all’Agricoltura Andrea Prato, nel 2010 aveva messo a punto un progetto per orientare gli allevamenti dell’Isola verso la produzione di latte di capra che tuttora importiamo da Paesi come la Spagna, ma il suo progetto, che pure aveva avuto in Sardegna buoni risultati, con il cambio di Giunta è stato interrotto. Il latte di capra e i suoi derivati sono in crescita sul mercato, dove riescono a spuntare quotazioni decisamente interessanti anche per gli aspetti salutistici (il latte di capra ha caratteristiche più vicine al latte materno). Piangiamo dunque sul latte versato, e ovviamente siamo vicini agli allevatori che protestano, ma risolta l’emergenza (visto che siamo sotto elezioni probabilmente si tratterà dei soliti sussidi pubblici) è necessario che siano trovate soluzioni strutturali che effettivamente possano rilanciare la pastorizia in Sardegna.
Sergio Auricchio